domenica 27 novembre 2011

zucche nostrane





Nelle nostre città, da qualche anno, alla fine di ottobre, è tutto un fiorire di zucche alle finestre delle case o nelle vetrine dei negozi in un tripudio di ghigni arancioni.

Molti storcono il naso di fronte a quella che pensano sia soltanto una moda americana, mentre, se guardiamo con attenzione al nostro passato, vediamo che, porre zucche illuminate ai crocicchi o alle finestre delle case, era una tradizione in voga nelle campagne di quasi tutte le regioni italiane.
La zucca ha da sempre una funzione magica: è associata ad un'idea di rinascita, forse per la sua forma che richiama un ventre gravido contenente i semi al suo interno. Priapo, la divinità associata alla fecondità ma anche al ciclo morte – rinascita, era detto custode di zucche.
La leggenda della zucca di Halloween è di tradizione anglosassone: Jack O' Lantern, un ubriacone che, con uno stratagemma ottenne dal Diavolo la promessa di non essere accettato all'inferno, una volta morto, non potendo certo andare in paradiso, fu condannato a vagare per il mondo con una lucerna nascosta dentro una rapa. I primi coloni importarono la tradizione negli Stati Uniti, ma, visto che lì le rape scarseggiavano, vennero sostituite dalla zucca.
La tradizione non è però solo nordica, non è soltanto un ricordo del Samain,il capodanno celtico che segnava il passaggio da un anno agricolo all'altro. Come racconta Eraldo Baldini nel suo saggio Halloween, nei giorni che i morti ritornano, anche in Italia i primi giorni di novembre erano vissuti come una sorta di capodanno, nel quale, come in tutti i momenti di passaggio c'era un rimescolamento tra il visibile e l'invisibile.
Molte sono le tradizioni popolari che riguardano il ritorno dei morti, alcune spaventose, altre divertenti in un tentativo giocoso di esorcizzare una paura ancestrale. La Caccia Selvaggia, un mito di derivazione germanica presente nelle regioni del Nord, racconta di una minacciosa battuta venatoria delle anime dei trapassati, mentre in Trentino è sconsigliato stringere la mano ad un morto che si incontra per la via: si rischia di dover tenere con sé una delle sue dita fino all'anno successivo.
Ma tornando alle zucche: come molti simboli hanno la doppia valenza sia apotropaica, che di rappresentazione.
Le Lumere, ossia le zucche intagliate con quattro fori a rappresentare gli occhi, il naso e la bocca e dentro cui veniva acceso un lume, erano messe ,sia in Lombardia che in Piemonte, ai lati delle strade o alle finestre delle case. Rappresentavano l'anima del trapassato, ma avevano anche funzione di tenere lontani gli spettri redivivi. In Veneto la suca bruca e in Romagna la Piligrena simboleggiavano il fuoco fatuo e, tra i lazzi dei ragazzini, spaventavano i passanti che si avventuravano per i sentieri bui. In Trentino si usava addobbare la croce del cimitero con tanti piccoli lumicini mentre sul braccio maggiore la zucca vuota illuminava la notte come un sinistro teschio.
In alcune regioni la zucca era chiamata la morte: in Friuli zucche vuote dette anche la morte zucheta adornavano le tombe nel giorno di Ognissanti o della ricorrenza dei defunti. In Toscana, benché non strettamente legata alle ricorrenze dei primi di novembre, ma diffusa durante l'intero ciclo autunnale, la zucca illuminata era chiamata morte secca e, sempre nello stesso periodo i ragazzini costruivano lo zozzo, un fantoccio vestito di stracci che come testa aveva appunto una zucca e con il quale si divertivano a terrorizzare gli amici.
Abbiamo prima accennato a Priapo il dio della fecondità e del sottosuolo come divinità legata alle zucche: in Abruzzo, la zucca vuota era adornata di corna talvolta formate da due peperoncini – pianta afrodisiaca- ed era detta morte cazzuta. Veniva portata in giro per il paese da ragazzini, rappresentazione dei defunti redivivi, che si fermavano con schiamazzi davanti alla casa degli uomini presunti cornuti.
Sappiamo già che, in molte parti d'Italia, San Martino era la festa dei cornuti: in un momento di confusione tra vita e morte, da una parte si portavano a galla, per esorcizzarli, i peccati che minavano l'ordine sociale, dall'altra un riferimento all'erotismo, sia pure irregolare, e alla procreazione era ritenuto di buon auspicio. Così la zucca, che grazie alla sua forma poteva richiamare sia il fallo che il ventre materno, diventava il simbolo della rinascita mentre i morti all'11 novembre terminavano il loro passaggio sulla terra per ritornare nelle dimore sotterranee, custodi dei semi e della vita che si rinnova anno dopo anno.

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